Il no alla schiavitù, Il caso del Mandela mauritano (avvenire.it)
Biram Dah Abeid
Una Giornata internazionale contro la tratta degli schiavi e per la sua abolizione. È quella che si è celebrata ieri in tutto il mondo per volere dell’Onu, che come data ha scelto quella della notte fra il 22 agosto e il 23 agosto 1791 per ricordare la ribellione degli schiavi a Saint-Domingue (oggi Haiti). In tanti Paesi la tratta è ancora una piaga. Un caso esemplare è quello della Mauritania. Nel Paese africano la schiavitù è stata abolita nel 1981, poi nel 2007 è stata dichiarata reato e oggi è al centro della campagna elettorale del voto del 1° settembre per il rinnovo dell’Assemblea nazionale, il Parlamento unicamerale di Nouakchott. Nonostante l’abolizione, infatti, sono ancora molte le proteste legate ai casi di schiavitù nel Paese. E fa discutere l’arresto, il 7 agosto, di Biram Dah Abeid, classe 1965, avvocato, fondatore nel 2008 dell’Iniziativa per il Risorgimento del Movimento Abolizionista, soprannominato “il Mandela mauritano”. Non è la prima volta che viene fermato dalla polizia per le sue campagna in cui denuncia la schiavitù nel Paese. Nel 2014 Abeid aveva corso per le presidenziali come leader dell’opposizione, perdendo contro l’attuale capo di Stato, Mohamed Ould Abdel Aziz. Tra i candidati al voto di settembre anche Haby Mint Rabah, nata e vissuta schiava fino alla sua liberazione, nel 2008. Il tema della schiavitù resta insomma centrale nella politica mauritana e con l’avvicinarsi del voto aumenta la stretta. Amnesty International ha denunciato non soltanto l’arresto di Abeid, ma anche quello di Abdellahi el-Housein Mesoud, altro noto attivista dell’Iniziativa Abolizionista, finito in carcere due giorni dopo, nonché di due giornalisti, Babacar Ndiaye e Mahmoudi Ould Saibout, rei di aver scritto articoli critici contro l’attuale classe dirigente. Si stima che oggi in Mauritania almeno 90.000 persone vivano ancora in schiavitù.